Tutti e quattro i vangeli canonici concordano nel collocare la morte di Gesù di venerdì (vd. Mt 27,62; Mc 15,42; Lc 23,54; Gv 19,31.42). Ma il loro accordo sulla scansione degli eventi, com’è noto, non è affatto completo, e addirittura manca del tutto non appena si considerino i particolari relativi alla natura di quel venerdì. La testimonianza offerta dai sinottici, su questo punto, non sembra armonizzabile con quella di Giovanni.
Stando ai sinottici, il venerdì della crocifissione coincise col primo giorno della Pasqua ebraica, la cui celebrazione cadeva – e cade tuttora – il giorno 15 del mese di Nisan (corrispondente più o meno a marzo/aprile), come da precetto biblico. Alla vigilia della festa, gli Ebrei usano ancora oggi consumare un pasto regolato da particolari norme (il seder, ovvero “ordine”, di Pasqua), come ricordo della liberazione dalla schiavitù d’Egitto.
I tre vangeli di Matteo, di Marco e di Luca sembrano presentare l’ultima cena di Gesù come un pasto pasquale: in Mc 14,12-16 e nei passi paralleli, ad esempio, si dice chiaramente che Gesù stesso avrebbe incaricato due discepoli di «preparare la Pasqua»; e Luca precisa che Gesù avrebbe introdotto l’ultima cena con le parole: «Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi…» (Lc 22,25). Ora, si capisce che se l’ultima cena di Gesù è stata un pasto pasquale (cosa di cui molti storici dubitano), la sua morte non potrà che essere collocata durante la festa di Pasqua, e quindi il 15 di Nisan.
Contro questa visione, però, sta la testimonianza di Giovanni, che presenta il venerdì della crocifissione come il giorno della Parasceve, cioè della Preparazione della Pasqua, e quindi come il giorno in cui Gerusalemme si apprestava a consumare il pasto pasquale. Lo si capisce da tre passi:
- Gv 18,28 dice che i membri del Sinedrio, riuniti per il processo, si sarebbero rifiutati di entrare nel Pretorio, «per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua»;
- Gv 19,14 parla espressamente di Preparazione della Pasqua;
- Gv 19,31, con la formula «era un giorno solenne quel sabato», indica la coincidenza per quell’anno del sabato e della Pasqua (cosa che accadde, peraltro, il 7 aprile dell’anno 30).
Quale delle due versioni dobbiamo seguire? Quella dei sinottici, per cui Gesù sarebbe morto il 15 di Nisan, o quella di Giovanni, per cui la morte di Gesù sarebbe avvenuta il 14? La questione, naturalmente, continua a dar luogo a infinite discussioni.
Una storica francese, Annie Jaubert, ha proposto più di cinquant’anni fa una soluzione che alcuni definiscono “salomonica”, ma che pare indubbiamente ingegnosa (anche se in realtà apre molti più problemi di quanti non ne risolva).
Studiando i manoscritti di Qumran, la Jaubert si è infatti accorta dell’esistenza e dell’uso, ai tempi di Gesù, di due diversi calendari. A Gerusalemme, e in particolare nella liturgia del Tempio, era in uso un calendario ufficiale lunare, controllato dal Sinedrio, mentre a Qumran, ma sembra anche in altre zone della Palestina e presso gruppi ebraici minoritari, sarebbe stato in uso un più antico calendario solare.
Il primo calendario, di origine “laica” e amministrativa, era diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo. Diviso in dodici mesi di 29 o 30 giorni, calcolati sulla base delle lunazioni, contava complessivamente 354 giorni (restando indietro rispetto alla rivoluzione solare, ogni due o tre anni occorreva aggiungervi un mese intercalare). Il primo giorno di ogni mese corrispondeva alla luna piena, mentre il 15 al plenilunio.
Il secondo calendario, invece, aveva un anno di 364 giorni, e si fondava esclusivamente sulla rivoluzione solare. La particolarità di questo calendario era che il primo giorno del mese (e quindi anche dell’anno) cadeva sempre di mercoledì: cioè nel giorno in cui, secondo la Genesi, sarebbero stati creati gli astri e dunque la misura del tempo. Lo stesso accadeva per il 15 di ogni mese, e dunque anche per il giorno di Pasqua.
Se i due calendari funzionarono insieme, è chiaro allora che quello che per alcuni Ebrei era un giorno di festa, per altri poteva essere un giorno feriale. Sulla base di questa ipotesi, Annie Jaubert e altri studiosi hanno quindi tentato di spiegare la strana discrepanza fra i sinottici e Giovanni. Gesù, in pratica, potrebbe aver celebrato il pasto pasquale secondo l’antico calendario solare, nella notte tra il martedì e il mercoledì: così per i sinottici. Ma sarebbe morto durante la Preparazione della Pasqua, secondo il calendario ufficiale del Tempio: così per Giovanni.
Sia Giovanni che i sinottici, in poche parole, potrebbero aver ragione.
(Continua qui)
Gia’, grazie per l’accurata trattazione, ma uno dei problemi della Joubert e’ che poi deve postulare che quello che i Vangeli descrivono in una notte si sarebbe dovuto invece svolgere nell’arco di tre giorni interi.
Questo punto mi e’ sempre sembrato difficile da digerire.
Ciao,
GB
Sì. Anche se ho sempre pensato, lo confesso, che l’ipotesi della contrazione di tre giorni in uno – malgrado la sua enorme problematicità – potrebbe aprire prospettive interessanti sul procedimento redazionale dei sinottici, e magari sulla loro stessa funzione letteraria. Ma chissà. Grazie a Dio non mi occupo di vangeli…
E’ un terreno in cui la petitio principii, molto spesso, regna sovrana.
Un saluto, e grazie del passaggio!
Rileggendo i passi della passione con mia moglie, abbiamo trovato quanto segue:
Mt 27,62 “Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i sommi sacerdoti e i farisei dicendo: 63 <<Signore, ci siamo ricordati che quell'impostore disse mentre era vivo: Dopo tre giorni risorgerò"
Mc 15,42 "Sopraggiunta ormai la sera, poichè era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato, 43 Giuseppe d'Arimatea, membro autorevole del Sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù"
Lc 23,54 "Era il giorno della parasceve, e già splendevano le luci del sabato."
(La nostra è la Bibbia di Gerusalemme del 1995)
Il termine "Parasceve" quindi non è unico di Giovanni, e sembra essere usato come "preparazione" del Sabato, non solo della Pasqua. L'origine del problema sarebbe quindi più la natura della cena, più che il giorno della Crocifissione:
– Se la "Parasceve" è la preparazione del sabato, allora l'Ultima Cena è la cena di Pasqua, e quindi venerdì è il 15 (tesi dei sinottici)
– Se la "Parasceve" è la preparazione della Pasqua, allora l'Ultima Cena non è una cena pasquale, e la Crocefissione è avvenuta il giorno 14 (tesi di Giovanni)
Tutto questo, ovviamente, senza considerare:
– il problema di fare in una notte tutti i giri descritti da Luca
– il fatto che in Mc 14,2 i sommi sacerdoti "Dicevano infatti: <>” (come Mt 26,4)
Come si concilia questo con la tesi presentata?
Non potrebbero esserci state delle difficoltà di calcolo della Pasqua? I calendari astronomici attuali sono precisi, ma quelli di duemila anni fa lo erano di meno. Ovviamente la mia è solo una ipotesi da completo profano, non vorrei dire corbellerie.