La sinagoga antica

di Angelo Penna

L’articolo è tratto dalla voce «Sinagoga», in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano 1948-1954, vol. XI, coll. 652-655.

[La sinagoga è il] luogo di «adunanza» per la preghiera e la lettura sacra, nel giudaismo postesilico. Il termine greco synagogē (« adunanza ») traduce nei Settanta per lo più i vocaboli ebraici ‘ēdhāh e qāhāl, i quali non hanno relazione con un luogo di preghiera, che solo in epoca tardiva usò chiamarsi sinagoga.

Al tempo del Nuovo Testamento, in questo senso, si adoperava il termine greco proseuchē = «oratorio» (cf. At 16,13; Filone, Legatio ad Caium, 165; Giovenale, Sat. III, 269; Flavio Giuseppe, Ant. Iud., XIV, 258); mentre si usava quello di sinagoga per significare un gruppo di ebrei organizzatosi per motivi particolari, a somiglianza di un collegium. In una medesima città vi potevano essere diverse sinagoghe (cf. At 6,9); nella comunità ebraica di Roma al principio dell’era volgare se ne contano almeno 13, ognuna contrassegnata da un nome speciale con riferimento a benefattori, al quartiere, a caratteristiche etniche, ecc. Ciascuna di queste sinagoghe aveva il suo luogo di preghiera, cui fu riservato in seguito il termine dapprima generico di sinagoga (ebr. bêth kĕnēseth; aramaico bêth kĕnîstā’, o semplicemente kĕnîstā’).

Il sorgere delle sinagoghe segnò una rivoluzione notevole nel giudaismo. Al Tempio unico di Gerusalemme si uniscono questi centri di pietà più individuale e più interiore. Essendo impossibile offrire sacrifici fuori del Tempio, vi si prega, si studia la Legge e si fomenta l’amore per una vita sempre più perfetta.

Non si conosce l’origine delle sinagoghe: ma esse dovettero già funzionare durante l’esilio di Babilonia (587-538 a.C). A Schedia presso Alessandria è attestata la presenza di un tale edificio già al tempo di Tolomeo II Evergete (264-221 a.C); e senza dubbio in Egitto ne sorgevano diversi (cf. Enoch 46, 8; 53, 6). Ma i più antichi resti archeologici noti sinora non risalgono oltre il secolo II. Fra i più antichi ed i più rappresentativi vanno considerati quelli delle sinagoghe di Šejh Abrēq, di Cafarnao. di Dura Eúropos, di Bejt Alfah, di Bethsan, di Gerico, di ‘Ajn Dūq, di Gerasa, di Corozain, di Emath, di Kefr Bir‘im, di Aleppo.

Non si può parlare dal lato architettonico di un tipo uniforme né di uno stile sinagogale. In origine la sinagoga non si distingueva da una camera o sala ordinaria; unico particolare era un’arca (ebr. ‘ărôn haq-qōdheš) per la custodia dei rotoli della Scrittura. Nel secolo III all’arca si sostituisce uno scrigno od armadio (ebr. tēbhāh), fissato in una parete o nell’abside. Sotto l’influsso dell’architettura cristiana, la sinagoga prende spesso la forma basilicale, nella quale in luogo dell’altare si trova l’armadio per i rotoli sacri. Tutta l’abside spesso era separata dal resto con una cortina. A scopo ornamentale vicino all’armadio si notano di solito due candelabri a sette bracci e, talvolta, decorazioni di animali o di piante. Il rimanente generalmente era molto semplice; ma sono stati trovati esempi di pitture e di musaici non solo con motivi desunti dalla natura (animali, piante, segni dello zodiaco, ecc.), ma anche con rappresentazioni di personaggi celebri nel giudaismo, come è avvenuto nella sinagoga di Dura Eúropos. In seguito, però, si evitò ogni figura.

L’orientazione dell’edificio verso Gerusalemme, anche se appare molto frequente, non si può considerare una regola assoluta. Il podio o pulpito per la lettura della Bibbia, i sedili di pietra o scranni per il coro e per le persone di riguardo, sono comuni alle chiese cristiane ed alle sinagoghe. Il primo, detto bêmāh con termine greco, sembra fosse la «cattedra di Mose» ai tempi del Nuovo Testamento (cf. Mt 23,2); i secondi costituivano i posti di onore (greco prōtokathedríai: Mt 23,6), mentre quelli lungo le pareti erano per tutti. Il matroneo, riservato alle donne, è abbastanza comune; mentre molto più rara è la presenza del nartece.

La comunità era responsabile del culto e della preghiera sinagogale. Mancando un corpo sacerdotale con funzione ufficiale, quali dirigenti del culto funzionavano individui preparati appositamente, detti fin dal medioevo rabbini, non essendo facile trovare fra i comuni fedeli persone qualificate per la lettura o per il canto di testi ebraici. Nell’ antichità si parla solo di un arcisinagogo (Mc 5,22; Lc 13,14; At 13,15; 18,8), detto in ebraico rôš bêt ha-kĕnēseth, cui spettava di dirigere le riunioni, e di un ministro od inserviente (Lc 4,20), chiamato in ebraico chazzān ed in greco hyperétēs, che non raramente si occupava anche della scuola dei bambini, quasi sempre annessa all’edificio sacro.

La sinagoga era un luogo di preghiera e di insegnamento. Il primo scopo si raggiungeva con la recita di formole, che furono presto fissate con precisione, come lo Šĕma‘ e lo Šĕmōneh ‘esrēh, e con il canto dei Salmi. La lettura di brani biblici, che nel periodo più antico sembrano lasciati alla scelta dell’arcisinagogo o del lettore (Lc 4,16), ma che in seguito furono determinati in una pericope del Pentateuco (pārāšāh) ed in una dei «Profeti» (haphtārāh), offriva spunti per una pia elevazione della mente a Dio oppure istruiva circa la condotta morale da seguire. Quest’ultima caratteristica spesso era accentuata da qualche dottore della Legge o da un semplice ascoltatore, che commentava il testo letto o esortava in genere i propri correligionari. Sia Gesù (cf Mt 4,23; Lc 4,16 sgg.; 13,10) sia i suoi discepoli (At 9,20; 13,5.14; 14,1; 17,1.17; 18,4.19.26; 19,8) approfittarono di tale usanza per diffondere la nuova dottrina. Le riunioni avvenivano il sabato (Lc 13,10; At 18,4) e nelle feste; ma in seguito vi furono adunanze anche quotidiane.

La sinagoga era il centro delle varie comunità ebraiche, specialmente nella Diaspora. I suoi costruttori erano considerati benefattori di tutto il gruppo (cf Lc 7,4), mentre l’allontanamento di un ebreo da questo luogo di preghiera comune era ritenuto un grave castigo (cf. Gv 9,22; 12,42; 16,2).

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Questa voce fa parte del Progetto Enciclopedia Cattolica.

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