di Erik Peterson
Il brano è tratto dalla voce «Giudeocristiani», in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano 1948-1954, vol. VI, coll. 705-708.
La fonte principale per la storia dei giudeocristiani è s. Epifanio di Salamina (Haer., 29-30).
Epifanio distingue due gruppi di giudeocristiani: i nazorei e gli ebioniti. «Nazorei» sarebbe stata, all’inizio, la denominazione di tutti i cristiani: più tardi (o forse prima) si sarebbero anche chiamati iessei, da Iesse, padre di David (ibid., 29,1,3), o dal nome di Gesù (ibid., 29,4,9). Essi osservano la legge e la circoncisione (ibid., 29,4,4), ed il sabato (ibid., 29,7,5); e non si deve scambiarli né con i nazirei del Vecchio Testamento (ibid., 29,5,7), né con la setta giudaica dei nazarei (ibid., 29,6,1) della quale Epifanio tratta in Haer., 18. Hanno il Nuovo Testamento ed il canone del Vecchio Testamento (ibid., 29,7,2), insegnano la risurrezione, la creazione ed il monoteismo (ibid., 29,7,3). Ma sulla loro dottrina cristologica Epifanio non sa niente di preciso (ibid., 29,7,6).
I nazorei abitano nei dintorni di Berea, nelle parti di Pella ed in Kokaba. I nazorei a Pella sarebbero i discendenti dei giudeocristiani di Gerusalemme, che prima della distruzione di questa città ricevettero l’ordine di Dio di recarsi a Pella (Eusebio, Hist. Eccl., III,5,3; Epifanio, ibid., 29,7,8). I nazorei vengono odiati dai Giudei e tre volte al giorno anatemizzati da essi nelle loro preghiere (ibid., 29, 9, 2). Hanno un Vangelo di Matteo completo, in lingua ebraica. In contrasto però con questa affermazione, che il loro Vangelo di Matteo fosse completo, sta l’affermazione dello stesso Epifanio, che non sapeva se tale Vangelo contenesse la genealogia di Cristo (ibid., 29,9,4).
Come si vede, questa relazione di Epifanio non è troppo sfavorevole ai nazorei.
Molto più aspra è invece la critica di Epifanio riguardo agli ebioniti, dei quali parla in Haer., 30. Il loro fondatore sarebbe stato un certo Ebione (ibid., 30,1,1); il nome ’ebhjôn significherebbe povero (ibid., 30, 17, 1, 2). Egli avrebbe unito tutte le eresie giudaiche e giudeo-cristiane (ibid., 30,1,3). Ebione insegnava, secondo Epifanio, che Gesù era il figlio naturale di Giuseppe (ibid., 30, 2,2;3,1; 14,4); osservava la legge, il sabato e la circoncisione (ibid., 30,3,2), era battista, e si purificava continuamente quando toccava uno straniero o incontrava una donna. Il lavacro avveniva con gli indumenti addosso (ibid., 30,3,5). Questa scrupolosità nelle purificazioni Ebione l’avrebbe presa dai Samaritani. Era tuttavia contrario all’ideale della verginità e della continenza (ibid., 30,2,7), benché precedentemente l’ideale della verginità sarebbe stato conosciuto anche dagli ebioniti a causa degli scritti, altrimenti sconosciuti, di Giacomo ai presbiteri ed alle vergini (ibid., 30, 2, 7). Ebione si sarebbe recato dopo la distruzione di Gerusalemme e prima dei nazorei a Kokaba (ibid., 30,7,8; cf. 18,1), dove nazorei ed ebioniti si sarebbero scambiati le loro idee, e dove avrebbe avuto luogo anche una fusione con le idee di Elkesai (ibid., 30,3,2).
Gli ebioniti sono, secondo Epifanio, caratterizzati dalla grande varietà delle loro opinioni cristologiche. Secondo alcuni il Cristo sarebbe identico con Adamo (ibid., 30,3,3); altri insegnano che Cristo sarebbe stato creato prima di tutto, sarebbe lo Spirito e avrebbe il dominio su tutti gli angeli (ibid., 30,3,4; secondo 30,16,4, Cristo stesso sarebbe uno degli arcangeli); secondo altri Cristo sarebbe apparso tra i patriarchi ed alla fine si sarebbe vestito con il corpo di Adamo (ibid., 30,3,5); infine altri credono che Cristo sarebbe stato lo spirito che avrebbe vestito Gesù (ibid., 30,3,6).
Gli ebioniti usano esclusivamente il Vangelo di Matteo (ibid., 30, 3, 7), da essi chiamato Vangelo secondo gli Ebrei (ibid., 30,3,7). Di questo Vangelo degli ebioniti Epifanio dà alcune notevoli citazioni (ibid., 30,13). Epifanio afferma che questo Vangelo sarebbe stato anche il Vangelo di Cerinto e Carpocrate (ibid., 14,1). Mancava in questo Vangelo la narrazione dell’infanzia di Gesù e la sua genealogia. Il racconto comincia con Giovanni Battista (ibid., 14,2).
Gli ebioniti conoscono i Viaggi di Pietro, che però sarebbero stati falsificati (ibid., 15,1-3), poi le due lettere dello stesso Clemente alle vergini (ibid., 15,2). Gli ebioniti sono, secondo Epifanio, emerobattisti (ibid., 15,3 e 16,1) e non mangiano carne (ibid., 15,3), perché la carne viene dalla unione carnale (ibid., 15,4). Del resto conoscono anche il Sacramento del Battesimo (ibid., 16,1), ma nell’Eucaristia usano gli azzimi e bevono acqua (ibid., 16,1). Secondo il loro Vangelo Gesù è venuto per abolire i sacrifici (ibid., 16,5). Non hanno gli Atti degli Apostoli di Luca, ma altri Atti. Rifiutano l’Apostolo delle genti che sarebbe stato originariamente un pagano e si sarebbe fatto giudeo solo per desiderio della figlia di un sacerdote (ibid., 30,16,8-9).
Gli ebioniti hanno presbiteri ed archisinagoghi e chiamano le loro chiese sinagoghe (ibid., 18,2). Spiegano il loro nome con la comunità dei beni a Gerusalemme (ibid., 17,2). Riconoscono i patriarchi e respingono i profeti (ibid., 18,4, e 18,9); chiamano Gesù il profeta della verità, che dopo molti sforzi morali sarebbe diventato «Figlio di Dio» con il concorso divino (ibid., 18,5). Del Pentateuco non accettano tutto. Fanno una scelta nel testo (ibid., 18,7) e dicono che non sarebbe necessario leggere la Legge, da quando è venuto il Vangelo, fondandosi anche su rivelazioni (private) di Cristo (ibid., 30,18,7-9). Non fa dunque meraviglia che abbiano molti scritti apocrifi sotto il nome di Giacomo, Matteo, Giovanni e di altri discepoli del Signore (ibid., 30,23,1-2).
Questo è tutto ciò che dice Epifanio sugli ebioniti.
Quanto a queste sue notizie su nazorei ed ebioniti, la distinzione di due gruppi fra i giudeocristiani non è una novità di Epifanio, ma una vecchia tradizione cristiana (Origene, C. Celsum, 5,61-65). Novità falsa è invece che i due gruppi ricevano le due denominazioni distinte di nazorei e di ebioniti. Origene parlava ancora di due gruppi di ebioniti. È evidente che in realtà nazorei ed ebioniti erano nomi generali per tutti i giudeocristiani. Nazorei si chiamavano come aderenti di Gesù di Nazareth (la spiegazione del nome come «osservanti», nuovamente difesa da H.J. Schoeps, Theologie und Geschichte des Judenchristentums, Tubinga 1949, p. 10, n. 2, è stata contestata da H. H. Schaeder, in G. Kittel, Theolog. Worterbuch, IV, p. 879 sg.); ’ebhjônîm significa «poveri»,come aspiranti al mondo futuro, mentre in questo mondo sono oppressi e poveri. La distinzione è motivata da Epifanio con la menzione del fondatore di un gruppo, Ebion, per la prima volta probabilmente menzionato da Ippolito. C’è forse qualche cosa di vero nella accettazione di una persona che aveva autorità teologica fra i giudeocristiani, ma il nome di questa persona si è perso, e forse è rimasto solo il soprannome: Ebion.
Epifanio afferma che i giudeocristiani sono pervenuti ai luoghi da lui ricordati poco prima o poco dopo la distruzione del Tempio. Questo è in parte vero. Ma forse si trovavano già molto prima in queste regioni; infatti s. Paolo si reca in Arabia (cioè in Nabatea) dopo la sua conversione (Gal. 1,17) e può essere che abbia preso conoscenza di alcune tradizioni giudeocristiane che si possono rintracciare nelle sue lettere, proprio in questa parte.
Può essere che la grande varietà di opinioni teologiche presso i giudeocristiani sia in parte causata anche da ragioni sociologiche Già nella comunità cristiana di Gerusalemme, accanto al gruppo che faceva la vita comune (At 2,44), stavano altri che ne rimanevano fuori. Questo doveva portare a due forme distinte della vita, con eventuali conseguenze ideologiche. Gli ebioniti di Epifanio spiegano il loro nome con la comunità dei beni a Gerusalemme (Haer., 30,17,2); cioè vuol dire che la loro povertà è una rinuncia ascetica, e questo è interessante perché fa intuire l’esistenza di asceti giudeocristiani sotto forme che sembrano precorrere il futuro ascetismo palestinese.
Epifanio ha trovato contrastanti le idee dei giudeocristiani riguardo all’ascesi sessuale. Alcuni sarebbero stati favorevoli alla verginità, altri avrebbero invece raccomandato un matrimonio in giovane età. Ma questo contrasto si risolverebbe forse in parte con l’ipotesi dell’esistenza di gruppi ascetici accanto a una comunità locale. Che l’organizzazione delle comunità locali di questi giudeocristiani seguisse l’esempio degli Ebrei, non può meravigliare (Haer., 30,18,2); ma l’affermazione che si osservava il sabato è probabilmente incompleta, perché si sa da Eusebio (Hist. Eccl., III,27,5, da fonte sconosciuta) che gli ebioniti festeggiavano anche la domenica e non solo il sabato.
Epifanio non aveva preso contatto con i giudeocristiani in Palestina, e per questa ragione la sua relazione è una mole indigesta di cose. Egli conosceva quello che era scritto su Elkesai e aveva letto una recensione cattolica degli scritti pseudo-clementini, ma non riusciva ad inquadrare storicamente le notizie lette. Perciò le sue affermazioni di una fusione fra elcesaiti ed ebioniti o sulle purificazioni (samaritane!) sono sospette. D’altra parte gli mancava la conoscenza della dottrina sul peccato presso i giudeocristiani e ugualmente sulle loro idee escatologiche. Le sue notizie sulle diverse cristologie non danno molta chiarezza. La distinzione fra coloro che insegnavano che Gesù era figlio naturale di Giuseppe e altri che accettavano il parto verginale di Maria manca di precisione, perché anche l’accettazione del parto verginale non conteneva ancora (come risulta da Origene, In Math. comm., XVI,12, ed Eusebio, Hist. Eccl., III,27,3) necessariamente l’affermazione del dogma della Incarnazione divina.
La notizia sulla identificazione di Cristo con Adamo, Epifanio l’ha presa dagli scritti pseudo-clementini. Più interessante è la sua attribuzione della dottrina di Cristo arcangelo (Haer., 30,3,4 e 16,4) agli ebioniti, per la dottrina analoga che troviamo nel Pastore di Erma. Per la ricostruzione delle dottrine giudeocristiane non basta una semplice raccolta di testi, dove sono menzionati nazorei ed ebioniti; bisogna consultare tutta la letteratura patristica per raggiungere il fondo delle idee che ha portato allo sviluppo del giudeocristianesimo ed ha avuto, specialmente in Siria, un’importanza molto più grande di quella che generalmente si crede per la storia della Chiesa.
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