Una piacevole scoperta: il sito “JesusDatabase” sta rendendo consultabili on-line, d’accordo con l’autore, alcuni dei materiali che John Dominic Crossan ha posto in appendice al suo celebre (e discusso) capolavoro, The Historical Jesus: The Life of a Mediterranean Jewish Paesant (Harper Collins, New York 1991).
Si tratta di un repertorio analitico di tutti i materiali che le fonti protocristiane (fino all’anno 150 circa) hanno trasmesso di e su Gesù, consultabile qui (nel libro si trova alle pp. 427-450, col titolo An Inventory of the Jesus Tradition by Chronological Stratification and Indipendent Attestation).
I vari materiali risultano classificati secondo un doppio ordine: cronologico e per numero di attestazioni. La stratificazione cronologica elaborata da Crossan, in particolare, comprende quattro grandi periodi: a) dal 30 al 60; b) dal 60 all’80; c) dall’80 al 120; d) dal 120 al 150 (i criteri di datazione sono stati ovviamente discussi da Crossan stesso, all’interno del volume). Delle 522 unità individuate e prese in esame dall’autore, soltanto 180 risultano attestate in più fonti (vale a dire che godono di una “molteplice attestazione”: 105 in due fonti; 42 in tre fonti; 33 in più di tre fonti), mentre 342 possono contare su una singola attestazione.
Il repertorio predisposto da Crossan, che certamente ha fatto e continuerà a far discutere, si rivela come uno strumento di grande utilità per lo studioso e per l’esegeta, e dimostra il grado di complessità e di sofisticatezza (spesso non esente da una certa artificiosità) che è stato raggiunto dalla ricerca storica su Gesù negli ultimi decenni.
Il metodo di questo autore si basa sul presupposto, oggi unanimemente condiviso, per cui le prime tradizioni orali e scritte su Gesù si sono formate e diffuse secondo processi di trasmissione, di sviluppo e di rielaborazione certamente complessi, ma non impossibili da decifrare. Lo storico, in altri termini, avverte la necessità di accostarsi ad esse con un atteggiamento sempre più critico (nel senso positivo del termine), in vista di una loro migliore comprensione.
I criteri che guidano una simile ricerca sono fondamentalmente tre:
a) un allargamento della base documentaria a tutte le fonti letterarie disponibili, senz’alcuna distinzione aprioristica (e anacronistica) tra fonti “canoniche” e fonti extra-canoniche o “apocrife”;
b) una maggiore attenzione al carattere plurale, dinamico e talora conflittuale degli ambienti che hanno prodotto e utilizzato i vari materiali;
c) l’opportunità di inserire i singoli materiali in un contesto vitale, ricostruendone in parte, per quanto possibile, le traiettorie di elaborazione e di uso.
Al di là delle singoli proposte analitiche offerte da Crossan, che sono certamente discutibili, o della sua stessa ricostruzione globale della storia delle origini cristiane, mi sembra quindi che la strada indicata da questo studioso meriti di essere percorsa, o quantomeno discussa, in tutta serietà e tranquillità.
Ancora una volta grazie per questa preziosissima segnalazione!
Da profano, leggo questa tua affermazione:
«Il metodo di questo autore si basa sul presupposto, oggi unanimemente condiviso, per cui le prime tradizioni orali e scritte su Gesù si sono formate e diffuse secondo processi di trasmissione, di sviluppo e di rielaborazione certamente complessi, ma non impossibili da decifrare».
Ti chiedo: non è questa un’ulteriore dimostrazione del fatto che i dogmi sono fondamentali in campo scientifico?
Il fatto che i processi di trasmissione orale siano “complessi, ma non impossibili da decifrare”, più che il risultato oggettivo di un lavoro di ricerca, non è piuttosto un presupposto indimostrabile che deve essere “creduto vero” per poter rendere possibile questo tipo di indagine?
Caro Carlo, sul fatto che qualunque lavoro di ricerca scientifico debba basarsi su presupposti a volte indimostrabili, non ho dubbi (e mi sembra anzi un presupposto… dimostrabile). Nel caso specifico, però, l’affermazione che citi mi sembra effettivamente il risultato di un procedimento, più che un suo presupposto. La frase andrebbe inquadrata poi nel contesto della storia della ricerca: la posizione di Crossan, per farla breve, è interpretabile come una reazione (tutta da valutare, s’intende) a decenni di sfiducia “post-bultmanniana” sulla possibilità di pervenire a un ritratto storicamente oggettivabile di Gesù, delle sue parole e delle sue azioni. Ma sono altri, credo, i presupposti indimostrabili di questo tipo di ricerca. Su Crossan ci sarebbero molte cose da dire…