Gli apocrifi di Paolo

di Angelo Penna

Il brano è tratto dalla voce «Paolo Apostolo», in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano 1948-1954, vol. IX, coll. 724-726.

1. L’Apocalisse di Paolo.

Scritto apocrifo che narra quanto l’Apostolo avrebbe visto in un viaggio d’oltretomba. Ad una breve introduzione storica e parenetica segue il racconto del rapimento di s. Paolo (cf. 2Cor 12,2-4). Sotto la guida di un angelo, Paolo contempla la morte di un giusto e di un empio con il rispettivo giudizio particolare. Quindi si inizia il viaggio attraverso il 1uogo dei beati, popolato dai patriarchi, dai profeti e da altri santi del Vecchio Testamento. Passato al luogo dei tormenti contempla le pene dei dannati, fra i quali si scorgono, con notevole anacronismo, anche membri della gerarchia ecclesiastica. Il viaggio continua nel Paradiso Terrestre, ove ancora germogliano l’albero del bene e del male e quello della vita e dove avviene l’incontro con Maria Vergine, circondata da un gruppo di giusti del Vecchio Testamento.

Dal lato teologico è da notare l’affermazione di una diminuzione delle pene eterne o meglio di una loro sospensione durante la domenica in memoria della Risurrezione. Tale notizia eterodossa è omessa nella recensione siriaca. Lo scritto non solo è prezioso per le sue idee cosmologiche, ma anche come fonte della tradizione, accolta da Dante (Inferno, II,28), di un viaggio di s. Paolo nel regno dei dannati. La diffusione dell’Apocalisse di Paolo è testimoniata dalle molte recensioni in lingue diverse, alcune delle quali appaiono in redazioni multiple. Fino a noi sono giunte le recensioni greca, latina, siriaca, armena, copta, araba, oltre a vari rifacimenti medievali in lingue moderne (italiano, francese, tedesco, anglosassone).

La più antica allusione al libro si trova nel 416 circa, in un discorso di s. Agostino (Tract. in Ioan., 98, 8: PL 35, 1884-1885). Anche Sozomeno (Hist. Eccl., VII, 19: PG 67, 1477-1480) verso il 440 ne parla come di un’opera recente. Nella recensione siriaca (§ 52) è detto che la sua esistenza fu rivelata al tempo dell’imperatore Teodosio (379-395). Tutto, quindi, concorre a porre la sua data alla fine del secolo IV.

2. Gli Atti di Paolo.

Opera apocrifa, unitaria in origine, ora nota attraverso tre frammenti, che si presentano con caratteristiche proprie ed in una forma completa in se stessi: gli Atti di Paolo e Tecla, la corrispondenza (apocrifa) fra Paolo e i Corinti e il Martirio di Paolo. Nella prima è narrata la vita di Paolo in modo indipendente dagli Atti degli Apostoli; vi si trova un lungo racconto della conversione di Tecla ad Iconio, della sua decisione di rimanere vergine, delle persecuzioni da lei subite e, soprattutto, del suo eroico attaccamento all’Apostolo. La corrispondenza fra Paolo ed i Corinti è povera di notizie biografiche, essendo imbastita su questioni di fede. Infine il Martirio di Paolo narra nei più minuti particolari la fine dell’Apostolo a Roma.

Gli Atti di Paolo si presentano anonimi. Tuttavia l’autore non pretende di passare per compagno dell’Apostolo, come succede spesso in tali scritti apocrifi. Dal punto di vista dottrinale era senza dubbio ostile alle varie correnti gnostiche, che fa confutare anacronisticamente da Paolo. Sebbene qualche espressione sulla castità possa far sorgere il sospetto che egli fosse un encratita, l’autore è ortodosso. Solo il suo entusiasmo per la verginità lo spinge a calcare le tinte. Tale ortodossia è affermata già da Tertulliano (De Baptismo, 17: CSEL, XX, p. 215), il quale riferisce che autore degli Atti di Paolo o Períodoi, come li chiama egli con maggior proprietà, era stato un sacerdote dell’Asia, il quale intendeva onorare così la memoria dell’Apostolo. Convinto della sua falsificazione storica, fu degradato. S. Gerolamo (De viris ill., 7: PL 23, 651) con scarsissima verosimiglianza lo fa condannare dallo stesso apostolo s. Giovanni.

La testimonianza di Tertulliano e di Origene (De principiis, I, 2, 3: CB, V, p. 30; In Ioannem tom. XX, 12: CB, IV, p. 342) pone senz’altro al secolo II (forse nel 160-70) la composizione dello scritto primitivo, giunto alquanto rimaneggiato nelle sue tre parti. Al contrario di quanto avveniva per altri apocrifi, in antico si fu molto benevoli verso di esso, che ebbe una grande diffusione, specialmente per il suo racconto edificante intorno a Tecla.

3. La Predicazione di Paolo.

Apocrifo, di cui si conosce l’esistenza solo attraverso la testimonianza dell’anonimo De rebaptismate. Ivi è citato con parole dure un racconto puerile ed evidentemente eretico intorno al battesimo di Gesù, desunto da una Pauli praedicatio. Gesù, dopo aver confessato i suoi peccati, sarebbe stato costretto da Maria a ricevere il battesimo di Giovanni, che sarebbe stato amministrato con l’acqua e con il fuoco, apparso miracolosamente sull’acqua. Si accenna anche ad altre «scempiaggini» (absurde ac turpiter dicta) dell’opera (De rebaptismate, 17: CSEL, III, p. 90). Non sembra che tale scritto apocrifo avesse relazione letteraria con gli Atti di Paolo ed è problematica l’ipotesi di Hilgenfeld, che lo riconnette con la Predicazione di Pietro.

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Questa voce fa parte del Progetto Enciclopedia Cattolica.

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