Testo tratto da Régis Debray, Dio, un itinerario. Per una storia dell’Eterno in Occidente, Raffaello Cortina, Milano 2002 (ed. or. Dieu, un itinéraire, Odile Jacob, Paris 2001), trad. it. di E. Greblo, pp. 170-172.
Mega biblion, mega kakon, un grande libro rende un cattivo servizio. L’opuscolo cristiano condensa la vita e la morte in un centinaio di pagine (il seme contiene l’intero albero). Telegrafia evangelica. Sequenza di recitativi brevi e concisi, facili da memorizzare. La risonanza del poco. Lingua ordinaria e sorprendente al tempo stesso. “Alzati.” “Se il seme non muore.” “Che il vostro sì sia un sì.” Queste sentenze si diffondono come una epidemia, e d’altra parte il loro scopo è proprio questo. Facilitazione acustica della memoria (l’udito era il senso principale, prima che la liturgia, dopo la morte di san Bernardo, non facesse prevalere la visualità).
Anche la parabola è mnemotecnica. Il fatto di “creare l’immagine” apporta un sovrappiù di senso per mezzo di un’economia delle parole. Il buon samaritano, uccidere il vitello grasso, gettare perle ai porci, il lavoratore della undecima ora, le vergini folli e le vergini sagge – tutto ciò risuona e rimbalza come la buona storia che corre di bocca in bocca, poiché si ricorda facilmente e valorizza il narratore. “Questi comandamenti li insegnerai ai tuoi figli, e ai figli dei tuoi figli.” Duecentoquarantotto comandamenti e trecentosessantacinque divieti, versione ebraica, si trasmettono con meno facilità di sette peccati capitali e di tre virtù teologali.
Il breve è raramente tenero. La sintesi evangelica rompe egualmente con l’impostazione caratteristica delle iscrizioni lapidarie romane, il conveniente laconismo della sententia latina e l’aforisma asciutto e sintetico. Lo stile cristiano raggiunge quello della punta secca. Con un intimismo rapido e da bravo bambino; nulla a che vedere con il flessuoso Catone o il Cesare tutto studiato. In questo caso, la parsimonia rimane fluida e di buon umore. La passione del contatto e dell’impatto può spiegare l’istinto comunicativo del compendio, estensibile al trattamento delle reliquie (la pars pro toto: il piccolo dito del santo per il corpo tutto intero)? Tradurre, per un dottore, equivale a diluire; per un apostolo, a concentrare. I proseliti, che devono circolare e reclutare al di là della cerchia degli iniziati, sono professionalmente allenati a fare del meno con del più.
Trasmutazione liturgica della galletta in ostia, della tenda in tabernacolo, del membro intero in ex-voto, del pannello dipinto in trittico portatile, della croce in crocefisso, della collana in rosario (“piccolo cappello”), della professione in simbolo di fede (la formulazione sintetica del credo comune all’insieme dei cristiani), del cammino di Gerusalemme in labirinto, del nome completo in monogramma (il chrismon, X e P sovrapposti) o in I.H.S. (Iesus Hominum Salvator, Gesù salvatore degli Uomini). Del titolo integrale in rebus (ichthys, il pesce, acronimo di Gesù Cristo Figlio di Dio salvatore), del grosso libro di preghiere in breviario, del messale (che aveva sostituito, nel corso del XIII secolo, il sacramentario medievale) in libro da messa (a sua volta ulteriormente abbreviato).
Lo strumento di trasmissione diviene sempre più maneggevole. Vade-mecum, compendio, indice, sillabo. Reperimento e Catalogazione. La grandezza smisurata delle cattedrali e di San Pietro a Roma non dovrebbe nascondere, ai nostri occhi e alle nostre orecchie, quella profonda genialità che consiste nel trasformare, in ogni ambito, un magistero (da magis, più) in ministero (da minus, meno).
Grazie ad essa, questo “Grande Magazzino”, in cui si ha tutto con un semplice obolo, è stato una sorta di modern style prima del tempo. Poetico e pratico, l’uno in funzione dell’altro. Zona di Apollinaire:
La religione soltanto è rimasta prettamente religione
È rimasta semplice come gli hangar di Port-Aviation
Solo in Europa tu non sei antico, o cristianesimo
L’Europeo più moderno, è il vostro papa Pio X.
I cristiani hanno inventato o instaurato il volantino, la pubblicità, il graffito, il best-of, l’abstract, il jingle. E soprattutto il logo, straordinario veicolo di identificazione e di trasmissione comunitaria depositabile su ogni genere di supporto, e del quale il pesce sulle mura delle catacombe rimane l’emblema perfetto. In materia di traduzione in immagini, di messa in scena e di costruzione dell’intreccio, la fede nel nuovo Salvatore del mondo (un uomo e non più una nazione) non avrebbe nulla da imparare dai nostri consiglieri in materia di comunicazione. Ciò che questi fanno per detersivi o presidenti, a pagamento, essa l’ha fatto per un Assente, e gratuitamente. La freschezza stupefacente di questo taglia-incolla va incontro al gusto classico delle forme brevi ed elevate, quelle più convincenti. Queste sono dei “cappelli”, degli “agganci pubblicitari”, allo stesso modo in cui il Nuovo Testamento è un abstract di quello Antico, vettore di una light divina sganciata dai suoi rituali giuridici e alleggerita per andare più lontano (la bottiglia gettata in mare ottimizza le proprie possibilità se è un flacone, non se è un bottiglione di champagne).
Essere cristiano è sempre e ancora una volta questione di balistica. Disegnare il profilo del messaggio, renderlo aerodinamico per fargli meglio attraversare l’inerzia dell’ambiente e il rumore circostante. La sintesi dello sfondo mediante la forma rende egualmente possibili tanto la povertà cistercense quanto la diffusione missionaria. Sempre tesa a semplificare, e dunque a elettrizzare – radio vaticana, catena KTO. Per concretizzare l’astratto e scuotere gli spiriti. “Io sono la Via”, a dirla tutta, appare come una tracotanza del principio carismatico, che ci si può aspettare da un esorcista esaltato… Renderla capace di progredire e di svilupparsi per mezzo di ciascuno è qualcosa di più inaspettato e di ben altrimenti convincente.