Gli scribi d’Israele, dal tempo di David a quello di Gesù

di Giovanni Rinaldi

L’articolo corrisponde alla voce «Scriba», in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano 1948-1954, vol. X, coll. 172-173.


Nel senso di «scrivano, amanuense, segretario» vi furono «scribi» (in ebraico sôphěrîm, sing. sōphēr) in Israele fin dall’età di David e per tutta l’età regia (2Sam 8,17; ecc.); vi fu di questo nome anche un funzionario militare (2Re 25,79; Lv 52,25). Ma «scribi» per eccellenza nella Bibbia sono i membri di una delle classi dirigenti del giudaismo, che, accanto e in parziale sostituzione del sacerdozio e del profetismo, per le nuove circostanze si formarono nell’esilio, in seguito sempre più largamente rappresentate e autorevoli.

Erano loro affini i «decisori», letteralmente «intenditori» (mebhînîm): gli scribi erano i copisti che curavano la trascrizione della legge, e quindi i suoi dotti conoscitori e custodi; i mebhînîm erano i giuristi che decidevano nei casi dubbi. Ambedue gli uffici potevano trovarsi in un sacerdote e un profeta, come è il caso di Esdra (Esd 7,11) e, prima, di Ezechiele.

Agli scribi è dovuta l’attività che, durante l’esilio, portò alla raccolta e sistemazione del patrimonio religioso-letterario israelitico, da cui si ebbe la Bibbia canonizzata come complesso: ciò procurò loro un posto eminente nella stima del popolo, e «scriba» diventò nome autorevole al pari di sacerdote e profeta, e anche di più in seguito, quando il profeta scomparve e il sacerdote decadde a funzionario del governo.

Il caso accennato di Esdra, «scriba dotto nella legge di Mosè, che Jahweh Dio d’Israele aveva dato» (Esd 7,6), come tale noto ufficialmente alle autorità persiane (ibid. 7,12.21, aram.), è il più adatto a esprimere la nuova funzione, da cui nasce la nuova autorità in Israele : Esdra viene una prima volta a Gerusalemme, invitato da Neemia, portando la «legge», una copia del libro sacro che con gli altri scribi ha preparato e che viene promulgata solennemente, perché sia il fondamento della rinata nazione (ibid. 7,1-26; Ne 8,1-8).

Un segno del sempre maggiore credito e autorità in cui erano tenuti gli scribi appare nel crescente numero di quelli di essi che entravano a far parte del sinedrio, fino a diventarne la parte preponderante già dal tempo degli Asmonei. Acquistarono così importanza politica, ma non venendo mai meno alla loro funzione propria di studiosi della legge, in cui anzi si trova la caratteristica con cui si presentano nel Nuovo Testamento, ove sono detti «scribi» (grammateîs), «periti nella legge» (nomikoí), «maestri della legge» (nomodidáskaloi). Ormai essi non dovevano solo dare responsi, prendere decisioni sul modo di osservare la legge, ma anche conoscere e far conoscere con un’autorità generalmente riconosciuta («dalla cattedra di Mosè»: Mt 23,2) i responsi e le decisioni dati precedentemente, «le tradizioni degli antichi» (ibid. 15,2; Mc 7,3), di cui facevano gran conto e con la cui osservanza caricavano le coscienze.

Il Nuovo Testamento traccia un quadro vivissimo delle loro attività sotto i portici del Tempio (Lc 2,46), nelle sinagoghe (cfr. At 18,4) e scuole (ibid. 22,3). La loro menzione ricorre specialmente a proposito delle polemiche con Gesù o dei rimproveri che loro rivolge Gesù: con la massa delle loro prescrizioni minute, «pesi impossibili da portare», facevano perdere di vista ai fedeli ciò che era essenziale nella legge stessa (Mt 15,1; Lc 11,26): la giustizia e la carità (Mt 23,25; Lc 11,42). Dimentichi dei doveri primordiali ed essenziali della religione, vivevano nell’inganno di una giustizia puramente esteriore, che facevano apparire come giustizia vera; erano quindi ipocriti e iniqui, vanitosi, avari, rapinatori e ingannatori, che «toglievano il moscerino con il filtro e ingoiavano il cammello» (Mt 23,13-39).

La loro ostilità per Gesù, dapprima come «scandalo» per la sua familiarità con i pubblicani e peccatori (Lc 5,31; 15,2), cieca invidia per i suoi miracoli e gelosia della sua popolarità (Mt 22,15), diventa odio sempre più deciso: gli scribi lo accusano, gli aizzano contro la folla, preparano i momenti della sua Passione. Tra loro, tuttavia non vi furono solo perversi, come Gesù riconobbe, ammaestrando quello che gli chiese di seguirlo (Mt 8,19 sg.), e dicendo a un altro che non era «lontano dal regno di Dio» (Mc 12,28-34).

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Questa voce fa parte del Progetto Enciclopedia Cattolica.

 

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