7Q5? Passiamo ad altro, per favore

Precisiamolo da subito: chi scrive è cattolico, si percepisce come un cattolico abbastanza “tradizionale” (nel senso che non vive di nostalgie per il passato, ma non sopporta nemmeno la logorante retorica del cattolicesimo “progressista”), e non ha assolutamente nulla contro quel particolare genere letterario, spesso (ma non sempre) nobile e cavalleresco, che risponde al nome di “apologetica”. Anche perché l’apologetica è – o dovrebbe essere – un tentativo di lettura e di presentazione “razionale” della fede, che quindi si trova spesso a doversi confrontare con i risultati dell’indagine storica.

Detto questo, però, chi scrive non può non sobbalzare dalla sedia, ogni volta che qualche sito o blog cattolico, di tendenza “apologetica”, tira fuori dal cappello la vecchia storia di 7Q5 (se Chesterton fosse vivo, siamo sicuri che ci scriverebbe sopra un What’s Wrong with 7Q5).

Il famigerato frammento 7Q5.

Questa volta il caso è ancor più serio, come vedremo, anche perché si parla di questo piccolo frammento di Qumran attribuendolo al Vangelo di Matteo, e non a quello di Marco come in realtà sarebbe (o, per meglio dire, come sarebbe secondo le analisi effettuate a suo tempo dal papirologo spagnolo José O’Callaghan, poi riprese e divulgate da Carsten P. Thiede e da altri).

Per chi non conoscesse la storia di questo dibattito, la cui importanza per lo studio delle origini cristiane è del resto abbastanza marginale, posso rimandare alla voce italiana di Wikipedia, che spiega per sommi capi la faccenda e rimanda a qualche articolo di approfondimento (per es. questo). Chi invece sapesse già “tutto”, passi subito a leggere la notizia che è stata diffusa oggi dal sito UCCR (il divertente acronimo si scioglie aprendo la pagina). L’articolo in questione comincia dicendo che

«Nelle grotte di Qumran, una località sul Mar Morto nello Stato d’Israele, sono stati rinvenuti anni fa i frammenti più antichi del Vecchio Testamento e dei Vangeli».

Già qui ci sarebbe da obiettare, perché se è vera la prima parte dell’affermazione, riguardante i frammenti, è anche vero che l’unica attestazione di presunti testi evangelici a Qumran riguarderebbe proprio il “francobollo” di 7Q5 (e alcuni suoi fratelli di cui non si finisce mai per parlare). Dico “francobollo” perché di questo, a ben vedere, si tratta: il frammento è largo infatti poco meno di 4 cm, e contiene una decina di lettere che sono state identificate, molto problematicamente, con una piccola sezione dei versetti 6,52-53 del Vangelo di Marco.

La mera statistica potrebbe anche dar ragione a questa identificazione, non fosse per una serie di gravi problemi di natura grafologica, papirologica e filologica che la voce di Wikipedia citata in precedenza elenca rapidamente.

Sulla datazione, per carità, si può essere d’accordo: e in ogni caso non avrei la possibilità di confutarla. Quel che non convince, e che anzi disturba lo storico, è invece il valore che l’articolo sembra conferire a questa ipotetica identificazione (sulla scia dei lavori di Thiede, che purtroppo hanno spesso contribuito a diffondere false certezze in proposito): ad esempio quando si assume come naturale conseguenza di 7Q5, e della sua interpretazione “evangelica”, che

«chi ha scritto il Vangelo di Matteo [intendi Marco] è stato testimone oculare dei fatti che racconta».

Il titolo del pezzo, su questo punto, è ancor più trionfale: «Nuovi studi sui rotoli di Qumran, garanti dell’autenticità dei Vangeli». Ora, capisco la volontà di attirare l’attenzione del lettore, ma questo è davvero troppo, soprattutto per chi abbia la pretesa (assolutamente legittima) di fornire argomentazioni “razionali”…

Al di là di quel che si dice nel seguito – dando notizia di un interessante progetto coordinato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, che si propone di stabilire in maniera più precisa l’origine di alcuni frammenti qumranici – il paralogismo è evidente: quale sarebbe mai il collegamento tra la presenza di un pugno di parole che troviamo nel Vangelo di Marco, la loro precoce datazione (cosa che può essere stabilita anche senza scomodare i fisici) e l’«autenticità» dei Vangeli?

E perché mai un testo più antico – fermo restando che qui si parla di un frammento di testo, di una sua porzione minima, che nulla ci direbbe sulla totalità dell’opera di provenienza – dovrebbe essere considerato per forza di cose più «autentico» o «attendibile» di un testo più tardo? Come si può sostenere una cosa simile, dopo decenni di studi sui meccanismi selettivi della memoria, sulla problematicità della nozione di testimonianza oculare, sullo stesso carattere composito e per nulla “spontaneo” di questo tipo di testi? Non si rischia, in questo modo, di buttare all’aria il lavoro di centinaia di studi sulla formazione e lo sviluppo delle tradizioni evangeliche?

E che dire, allora, sulla frase finale del fisico Giuseppe Pappalardo, responsabile di questo nuovo progetto di ricerca sui rotoli, secondo il quale «l’importante è essere aperti ai risultati delle ricerche, qualsiasi essi siano, anche perché la fede non può certo essere intaccata dai risultati di un’analisi chimica»? Di quale fede si parla, in questa frase? Della fede in Gesù Cristo o della “fede” in 7Q5? Grazie al cielo, infatti, l’una non implica l’altra…

Tutto questo, ovviamente, non lo diciamo per farci partigiani di una sorta di visione “bultmanniana” della storia, per cui la fede non dovrebbe sostanziarsi di cose umanissime come quelle indagate dagli storici… Stiamo dicendo soltanto che, anche considerando l’esigenza di andare a caccia di  “reliquie scientifiche”, bisognerebbe mantenere una buona dose di scetticismo di fronte alla possibilità di considerare 7Q5 come tale.

12 thoughts on “7Q5? Passiamo ad altro, per favore

  1. Abbiamo notato lo stesso post. Faccio l’avvocato del diavolo: tu, da buon erudito, dici ovviamente “Come si può sostenere una cosa simile, dopo decenni di studi sui meccanismi selettivi della memoria, sulla problematicità della nozione di testimonianza oculare, sullo stesso carattere composito e per nulla “spontaneo” di questo tipo di testi? Non si rischia, in questo modo, di buttare all’aria il lavoro di centinaia di studi sulla formazione e lo sviluppo delle tradizioni evangeliche?” e ti dò ragione. Il fatto è che di solito chi fa apologetica (tra cui io) è a digiuno di queste cose, e lo stesso vale, soprattutto, per chi attacca il cristianesimo. In pratica, non si hanno i mezzi che hai tu, e quindi ci si deve “accontentare” di cose di questo genere. Conosco il tenutario di quel sito, e posso garantire che la sua fede non si basa su dei frammenti di papiro. Purtroppo oggigiorno c’è una forbice culturale tra gli studiosi e quelli che studiosi non sono, ma che hanno intenzione di difendere le proprie opinioni religiose. Tutto questo senza togliere nulla al lavoro che state facendo, che anzi è preziosissimo. La mia voleva essere solo un’apologia dell’apologeta non erudito. Su questo sito si vede fin troppo bene la differenza tra “dilettante esperto” e vero professionista. Se ci fosse un mezzo per poter acquisire i mezzi di cui dispongono i veri professionisti, sono certo che ci sarebbero molti disposti ad ottenerli, tra cui io. Nel frattempo, accontentiamoci di questo “piccolo cabotaggio” sperando che non diventi un’arma a doppio taglio.

    P.s. Grazie mille per la risposta sull’antico testamento.

  2. Caro Ago, hai perfettamente ragione sulla “forbice” (e non escludo che qualche colpa possa essere imputata agli stessi studiosi). Il mio, naturalmente, non vuole essere un attacco generale al sito, quanto alle argomentazioni specifiche di quell’articolo, che mi sembrano condotte con molta superficialità. Insomma, per rispondere all’UAAR non serve fare come l’UAAR…

  3. « “Eyewitnesses!”, sogghignò. “Serve come base. Il tessuto bianco può essere tinto. La pagina bianca ricoperta di scrittura, e la luce bianca decomposta” »
    (Saruman)
    « “Nel qual caso non sarà più Eyewitnesses”, dissi. “E colui che rompe un oggetto per scoprire cos’è, ha abbandonato il sentiero della saggezza” »
    (Gandalf)

  4. Forse, se ti intendi vagamente di calcio, c’è la stessa differenza tra il “cucchiaio” e il “missile”: l’importante è che l’obbiettivo sia sempre fare goal …

  5. Già, però si potrebbe dimostrare che il tiro tende naturaliter alla porta. Poi c’è chi, come me, ci fa arrivare pure la scarpa… Non resta che proclamarsi Hobbit in pectore, pardon, in pede.

  6. Caro Ludwik,

    non ti sarà difficile arguire che le tue considerazioni spassionate sul 7Q5 provocano di rimbalzo una bella sfilza di quesiti… Provo a limitarmi soltanto ad alcuni:

    1) trascurando quel bizzarro francobollo, le ricerche archeologiche più recenti hanno rivenuto reperti degni di altrettale o di maggiore considerazione “ai fini dell’apologetica”?

    2) come valutare i lavori di Thiede (mi riferisco, nello specifico a: Jesus. La fede. I fatti)?

    3) il paradigma bultmanniano gode ancora di autorevolezza e credito tra gli specialisti?

    4) quali sono le questioni che secondo te impegnano oggi l’apologetica in merito al cristianesimo delle origini?

  7. Caro scholare, provocato rispondo:

    [Grazie a Dio ti sei limitato nei quesiti!]

    1. Personalmente non sono abituato a valutare la rilevanza di una scoperta archeologica dal suo potenziale valore “ai fini dell’apologetica”, e mi auguro che anche gli archeologi e gli storici facciano altrettanto. Posso tuttavia indicare alcune scoperte recenti che hanno fatto (e fanno ancora) discutere:

    – in generale, ovviamente, la scoperta dei manoscritti del Mar Morto e dei codici di Nag Hammadi: c’è ancora moltissimo lavoro interpretativo da fare (per quanto riguarda Qumran, ad esempio, attendono una decifrazione rigorosa i materiali della grotta 4)
    – la continua scoperta di nuove fonti (ad es. il Vangelo del Salvatore o il Vangelo di Giuda, anche se entrambi questi testi non ci dicono nulla sul “Gesù storico”)
    – gli scavi in Galilea (ad es. a Jodefat e Gamla), che hanno completamente rivoluzionato la percezione degli storici su quella regione e sul suo grado di “ellenizzazione” e “giudaizzazione” (si tratta dell’ambiente di origine e di predicazione di Gesù: mica poco)
    – le scoperte effettuate durante le varie campagne di scavo a Cesarea Marittima, Sepphoris e Tiberiade (centri del potere romano), attorno al lago di Tiberiade (la cosiddetta “casa di Pietro” a Cafarnao) e naturalmente a Gerusalemme (dove molti luoghi della Passione sono ancora da identificare con certezza).

    Tra i singoli reperti scoperti in questi anni, si possono citare a titolo di esempio:

    – la tavoletta con la cosiddetta apocalisse di Gabriele (scoperta attorno al 2000)
    – l’ossario di Giacomo il Giusto (scoperto nel 2002, poi rivelatosi un falso) e l’ossario del sommo sacerdote Caifa (scoperto nel 1990)
    – lo scheletro del crocifisso Yehochanan (1968)
    – l’iscrizione del prefetto Ponzio Pilato (1962)

    Per non parlare di tutte le nuove acquisizioni esegetiche, con le quali occorre confrontarsi: ad esempio sul problema sinottico (vale ancora la teoria delle due fonti?), sull’indipendenza del Vangelo di Tommaso o della Didachè dai canonici, sulla trasmissione delle tradizioni evangeliche, sulla natura plurale dei primi gruppi protocristiani, etc.

    Direi che 7Q5 passa decisamente in secondo piano, no?

    2. L’ultimo di Thiede non l’ho ancora letto (ma ce l’ho).

    3. Bultmann non mi piace per niente, ma non sono uno “specialista” dei vangeli. Lui lo era, e da quel particolare punto di vista (non come teologo!) potrebbe avere ancora qualcosa da dire. Comunque non lo cita quasi più nessuno.

    4. Quando riuscirò a capirlo, te lo dirò… Il problema degli studi storici sul cristianesimo delle origini è che ce ne sono ancora troppi che fanno teologia (generalmente, pessima teologia) pensando di fare storia, e troppi che fanno storia (generalmente, pessima storia) pensando di dar contro alle posizioni teologiche. Secondo me, bisognerebbe semplicemente evitare entrambe le cose.

  8. Grazie!

    Ultimo quesito: perché non fai un post per ciascuna delle scoperte recenti elencate nella risposta 1) ?
    Io e Ago86 ne saremmo enormemente gratificati!

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