“Resurrexi”

di Gianmartino Maria Durighello

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Nell’Introito “Resurrexi”, che apre la liturgia cattolica del mattino di Pasqua, ci aspetteremmo di trovare un “Alleluja” traboccante di gioia. Troviamo invece un canto che sembra quasi trattenuto, e che ci invita al silenzio: come spiega G.M. Durighello, è il canto del Risorto che si rivolge al Padre, coinvolgendo anche noi nel suo dialogo.

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Messa del giorno di Pasqua
Introito Resurrexi [cf. Sal 138,18.5-6]

RESURREXI, et adhuc tecum sum, alleluja
posuisti super me manum tuam,
alleluja
mirabilis facta est scientia tua, alleluja, alleluja.
Domine, probasti me et cognovisti me:
tu cognovisti sessionem meam, et resurrectionem meam.

«Sono risorto e sono sempre con te, alleluja;
tu hai posto su di me la tua mano,
è stupenda per me la tua saggezza, alleluja, alleluja. [testo MR]
Signore, mi hai messo alla prova e mi hai conosciuto,
tu hai conosciuto il mio riposo, e la mia risurrezione».
[traduzione nostra]

Per ascoltare il brano, cliccare qui.

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«Cristo è risorto, alleluja!». Questo ci saremmo aspettati di cantare il mattino di Pasqua. E invece l’Introito che la Liturgia ci mette sulla bocca potrebbe in un primo tempo perfino deluderci… tutto sembra povero e insufficiente ad esprimere i nostri sentimenti in questo giorno di festa.

Ci saremmo aspettati di cantare, dopo tanta attesa, Alleluja con gioia traboccante, e invece il canto sembra volerci portare al silenzio. Ci saremmo aspettati di intonare un canto capace di elevarsi in alto a dipingere anche visivamente la risurrezione, e invece troviamo la totale assenza di movimento e di slancio, costretti in un ambito melodico di poche note.

Tutto dà l’idea del “rimanere”, tutto si muove su poche corde, trattenuto da frequenti “t” (= tenete), note ribattute, episemi… E imboccata questa strada, imboccato questo canto, siamo accolti in un’intima tenerezza dove la parola che più di tutte risuona è questo «sono ancora con te».

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Qui non siamo noi che diciamo: «Cristo è risorto». È Lui che con le nostre voci dice (innanzitutto al Padre): «Sono risorto e sono ancora con te». Quindi Gesù innanzitutto parla al Padre. Ma in questo dialogo divino siamo tutti compresi. Possiamo dire che queste parole sono rivolte:

  1. dal Figlio al Padre;
  2. da noi (ri-sorti nel Figlio) al Padre;
  3. dal Figlio a noi;
  4. dal Padre nel Figlio a noi.

Tutti siamo inseriti in Cristo in questo «rimanere», in questo reciproco «essere con» (immanenza del trascendente) che caratterizza la vita divina: «…perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi» (Gv 14,19-20).

1- Il Figlio al Padre. Il primo canto di questa Messa nel giorno di Pasqua non è il canto dell’uomo, ma il canto di Cristo. Avevamo già anticipato, meditando il “Nos autem gloriari”, che questo introito è in IV modo, il modo che non finisce, il modo della contemplazione e dell’estasi. Questa è l’estasi di Dio in Dio. L’estasi della vita trinitaria.

2- Noi nel Figlio al Padre. Ma Egli ci ha portati in sé. E allora siamo anche noi che nel Figlio ci rivolgiamo al Padre. Il Figlio ci ha assunti nella croce, e ora nella sua risurrezione anticipa già e dice il nostro «Sono con te» che noi diremo nella Pasqua eterna. È come dicesse: «Io li ho riscattati, gli uomini, li ho in me, li vedo tutti nei secoli passati e in quelli che verranno… nascosti in me come mie membra… io te li presento in anticipo, io ti dico per essi la parola che essi ti diranno un giorno: “sono risorto e sono con te”… Così bisogna comprendere queste parole di Cristo al mattino della sua risurrezione… Il Cristo, attraverso la voce di coloro che cantano, la ridice, e ciascuno, cosciente del rinnovamento di vita ricevuto attraverso il battesimo e l’Eucaristia, si unisce a Lui, dicendo il suo rendimento di grazie per la risurrezione spirituale… e, in anticipo, per l’altra che ci porterà corpo e anima al Padre, per essere con Lui per sempre» (dom Baron).

3- Il Figlio a noi. E qui c’è un significato anche profondamente immanente. Noi stiamo ancora vivendo la Pasqua. Questa nostra esistenza è Notte. Adamo uscendo dall’Eden chiede un fuoco a Dio per illuminargli il suo cammino nella notte. E Dio gli dona la pietra focaia. Questa pietra è il Cristo, nostro cero pasquale, nostra luce che ci accompagna nell’esodo verso la Pasqua eterna, e in questo esodo Gesù, il cui nome è Emmanuele, Dio-con-noi, non cessa di dirci: «Io sono con te». A noi, che come i discepoli di Emmaus, chiediamo al Risorto che cammina con noi: «Rimani con noi, perchè si fa sera» (Lc 24,29), Egli, nostra colonna di fuoco, cero pasquale, luce e prima parola di un giorno senza tramonto, risponde: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28,20), quando voi stessi canterete al Padre all’unisono con me: «sono risorto e sono con te».

4- Il Padre nel Figlio a noi. E nel Figlio, infine, è il Padre che si è rivelato a noi e ci dice: «Io sono» e «Io sono con te. Attendo il giorno in cui tu, Adamo, mi dirai: Io sono con te. Questa è la vita divina e a questa vita io ti ho chiamato». Caratteristica della vita cristiana è questa dimensione pasquale che anima tutti i giorni dell’esistenza, che ci porta ad una adesione totale a Cristo, alla comunione piena con Lui, con la sua vita divina: «Noi non abbiamo ragion d’essere che in Lui e per Lui, e la nostra gioia come il nostro scopo è di essere orientati a Lui senza divisioni, di aderire a Lui con tutte le fibre del nostro essere… di divenire Lui!» (dom Gajard).

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Nota sull’Autore

Gianmartino Maria Durighello, compositore, direttore di coro e didatta, è titolare della Cattedra di Esercitazioni corali presso il Conservatorio “Steffani” di Castelfranco Veneto, e insegna Musica Sacra, Tecniche di composizione musicale ed Estetica del canto gregoriano nel biennio di specializzazione dello stesso Istituto. Collabora con l’Ufficio per la Liturgia della Diocesi di Padova ed è attivo in corsi di formazione (musicologia, liturgia, spiritualità).