“Nos autem gloriari”

di Gianmartino Maria Durighello

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Un compositore e docente di Musica Sacra ci guida alla scoperta dello splendido Introito della Messa del Giovedì santo, “Nos autem gloriari”, il cui testo è calcato su un versetto della lettera ai Galati (6,4): perché un canto che acclama alla Croce come “nostra” gloria?

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Messa In coena Domini
Introito Nos autem gloriari (cf. Gal 6,4)

NOS AUTEM GLORIARI oportet
in cruce Domini nostri Iesu Christi,
in quo est salus, vita et resurrectio nostra,
per quem salvati et liberati sumus.

«Di null’altro mai ci glorieremo
se non della croce di Gesù Cristo, nostro Signore:
egli è la nostra salvezza, vita e risurrezione;
per mezzo di lui siamo stati salvati e liberati». [MR]

Per ascoltare il brano, cliccare qui.

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Come Introito per la Messa che “commemora la prima Messa”, potevamo aspettarci un canto… più eucaristico. Infatti, nella prassi, pur non mancando canti su questo testo o che a questo testo si rifanno, con parafrasi più o meno fedeli, molto spesso avviene che la scelta del canto per l’Introito della Messa In coena Domini cada su un generico canto eucaristico, generico nel senso… del pane e del vino. Del resto – ci diciamo – questa è la Messa nella quale si commemora l’istituzione dell’Eucaristia, la prima messa! Perché allora la Liturgia ci propone un canto che ci fa acclamare: «Noi, è opportuno che ci gloriamo nella Croce del Signore nostro Gesù Cristo»? Un canto che acclama alla Croce come «nostra» gloria!

E non solo la Croce come nostra gloria, ma l’accento, fin dalla prima parola, è posto su di noi: Nos! Siamo noi ad essere come spinti ad entrare dentro questo sacrificio, ad offrire noi stessi in questo sacrificio, così da essere trasformati nella gloria luminosa del Cristo, nostra salvezza, vita e risurrezione.

Nella notte della Cena, con la Messa In coena Domini, ci introduciamo nel primo giorno del Triduo, il venerdì. E con l’Introito Nos autem gloriari già cantiamo la profonda unità di quest’Ora. A caratterizzare quest’unità contribuisce in modo mirabile la musica, a partire dal modo d’impianto: il IV modo, il modo “che non finisce”, secondo gli antichi, il modo più funzionale alla contemplazione.

→ Il IV modo ha la sua nota finalis nel Mi. La cadenza che chiude la melodia passa attraverso il Fa per scendere al Mi, in un intervallo di semitono: è un modo di finire che sembra appunto quasi non finire. Resta come nell’aria, sospeso.

E cresce il nostro stupore quando osserviamo che anche l’Introito Resurrexi della Domenica di Risurrezione è impostato sul IV modo! Questo IV modo, modo che non finisce, modo funzionale alla contemplazione, unisce così in un profondo unico gesto il primo canto del Triduo con il canto del terzo giorno del Triduo: il canto del Triduo è un unico mirabile canto!

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Nos autem, quindi, primo canto del Triduo pasquale, ci aiuta a cogliere la profonda unità del Triduo, e ad entrarci dentro. Lo fa accogliendo questo mistero in una interiore, intima contemplazione che ha nel «Noi» il soggetto principale.

La dimensione del «Noi» caratterizza l’intera struttura del canto, essendo:

* presente in tutti e quattro i versetti dell’introito:

  • Nos all’inizio dell’introito;
  • nostri nella seconda riga, in mezzo al santo nome: Domini nostri Iesu Christi;
  • nostra alla terza riga;
  • ed infine, nella quarta riga, come soggetto del verbo sumus.

* presente come prima parola (Nos) e ultima parola (sumus) dell’introito, a cornice dell’intero canto.

* e ancora momento culminante sia all’acuto che al grave: è il punto melodico più grave (la prima nota di Nos) e l’apice melodico acuto dell’intero brano (su nostri).

  1. Noi è opportuno che ci gloriamo [Nos: prima parola e apice grave]
  2. nella croce del Signore nostro Gesù Cristo [nostri: apice acuto]
  3. nel quale è la salvezza, la vita e la risurrezione nostra,
  4. per il quale salvati e liberati noi siamo [sumus: ultima parola].

Il «Noi» delimita quindi il canto nell’asse della sua lunghezza e in quello perpendicolare dell’altezza melodica, come a formare una Croce:

Ci chiediamo ancora perché è così importante questo «Noi», che siamo noi uomini, mentre ci rivolgiamo a Cristo in questo momento così focale della sua missione. Il canto ci porta in dentro e in basso, dentro noi stessi e nell’umiltà della nostra condizione, con un movimento di tre note (torculus), che partendo dalla corda più grave, si alza un poco appena e poi ripiega su se stesso e dentro se stesso.

Cogliamo allora l’invito ad entrare dentro noi stessi, tanto dentro e tanto in basso ove è la nostra condizione, perché quando noi entriamo nel basso e nell’intimo della nostra condizione, troviamo Colui che fino a qui è entrato, fino a qui si è abbassato: in noi.

Cristo è sceso fin dentro questa nostra condizione, assume la nostra condizione umana, ma per trasformarci in Lui, perché noi diventiamo in Lui partecipi della sua vita divina.

Il nostro introito canta in modo straordinario questa trasformazione, che è la nostra Pasqua. Se osserviamo infatti la seconda riga (“nostri Jesu Christi”) e contemporaneamente osserviamo anche la terza riga (“vita et resurrectio”), constatiamo che le due enunciazioni del testo sono rivestite con lo stesso frammento melodico, con gli stessi identici suoni, in uno slancio verso l’acuto, fino all’apice del nostro canto.

Nostri” è cantato sulle stesse note di “vita”; e “Iesu Christi” su quelle di “resurrectio nostra”. Gesù, entrato in questo «Noi» in modo così radicale, fa sì che noi assumiamo la sua stessa melodia, il suo stesso canto.

Contempliamo come grammaticalmente “nostri” sia solo un semplice attributo, ma racchiuso e protetto dentro il nome benedetto, Signore… Gesù Cristo. Perché il Signore è il Signore “nostro-di noi”! Racchiusi nel suo nome santo raggiungiamo in lui l’apice del nostro canto.

E cantiamo il Nome benedetto che ci ha accolto nel suo sacrificio per trasformarci nella luce della sua gloria: egli è nostra Salvezza, vita, risurrezione.

Preghiamo quindi con il Salmo 66 che Dio abbia misericordia di noi e ci benedica, illumini il suo volto sopra di noi e ci riversi il suo amore, perché conosciamo sulla terra la sua via. La via è la Croce, nostra gloria: Nos autem gloriari oportet in Cruce Domini nostri Jesu Christi, in quo est salus, vita, et resurrectio nostra, per quem salvati et liberati sumus.

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Nota sull’Autore

Gianmartino Maria Durighello, compositore, direttore di coro e didatta, è titolare della Cattedra di Esercitazioni corali presso il Conservatorio “Steffani” di Castelfranco Veneto, e insegna Musica Sacra, Tecniche di composizione musicale ed Estetica del canto gregoriano nel biennio di specializzazione dello stesso Istituto. Collabora con l’Ufficio per la Liturgia della Diocesi di Padova ed è attivo in corsi di formazione (musicologia, liturgia, spiritualità).