Il codice (coi piedi) di piombo

Prima che i giornalisti italiani – la maggior parte dei quali, com’è noto, non legge, non studia e non s’informa su quel che scrive – comincino a parlare della “strepitosa” e “straordinaria” scoperta di alcuni codici di piombo e di rame in Giordania o in Egitto (o Iddio sa dove), riprendendo la notizia dai loro colleghi d’oltreoceano, mettiamo a disposizione dei nostri lettori la versione italiana di uno dei vari interventi che lo studioso James R. Davila ha dedicato all’argomento. Buona lettura!

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Codici di metallo con iscrizioni ebraiche: un falso
di James R. Davila

Mi è arrivata una mail di Peter Thonemann,
che con il suo permesso trascrivo qui:

Codici di piombo: ne nasce uno ogni minuto

Nei giorni scorsi, come avrai certamente notato, la stampa ha riservato grandissima attenzione alla scoperta di alcuni codici di metallo, «provenienti da una grotta remota del nord della Giordania», che presentano probabilmente qualche legame col cristianesimo primitivo etc.:

… E così via.

Ebbene, il 15 settembre dell’anno scorso (2010), di punto in bianco, ho ricevuto una mail da parte di un certo David Elkington (il suo nome è citato in tutte le notizie diffuse dai giornali). Te la riporto di seguito, eliminando i riferimenti personali:

Gentile Dottor Thonemann,

In relazione a una scoperta che ho effettuato in Medio Oriente, un amico mi ha consigliato di scriverle a questo indirizzo e-mail […]. Sono uno studioso di Bibbia, mi occupo di storia del giudaismo antico e di origini cristiane. Al momento sto lavorando con il Prof. Philip Davies e la Dr. Margaret Baker della Sheffield University su una scoperta fatta alcuni anni fa: un deposito di antichi codici di metallo.

Si tratta per la precisione di codici di piombo e di rame – ed è proprio uno dei codici di rame che mi ha spinto a rivolgermi a lei.

Noi riteniamo che la sua origine possa essere collocata ad Alessandria, all’inizio del primo secolo d.C. (il beduino che mi ha portato i codici riferisce che ad averli trovati sarebbe stato il padre, in una località a nord dell’Egitto).

Il codice reca un’iscrizione in greco, lungo il margine superiore. Con una prima ricognizione, non siamo riusciti a comprenderne il significato, e nemmeno a capire in quale tipo di dialetto greco sia scritta. Così stiamo cercando un esperto che ci aiuti a risolvere il problema. Lei sarebbe in grado di darci una mano?

Se sì, le sarei infinitamente grato.

Potrei inviarle quanto prima alcune foto del codice, anche se mi piacerebbe poterne discutere con lei personalmente. […]

Resto in attesa di un riscontro da parte sua.

Cordialmente,

David Elkington

Ho risposto che avrei dato molto volentieri un’occhiata al codice. (Forse vale la pena notare, incidentalmente, che in questa mail si dice che i codici provengono da una località «a nord dell’Egitto», mentre i giornali parlano di un’«arida e remota valle nel nord della Giordania»).

In data 13 ottobre, ho quindi ricevuto dal signor Elkington tre foto di questo «codice di rame»:

Come vedi, il codice è identico, per fattura e materiale, a uno di quelli mostrati dalla BBC e dalle altre fonti. Anche lo stile dei caratteri greci ed «ebraici» è molto simile a quello dei codici riprodotti nel sito della BBC. Il codice proviene senz’ombra di dubbio dallo stesso deposito scoperto in Giordania (o in Egitto, o chissà dove) – basta confrontare i ganci di metallo che si vedono nella prima foto.

Dopo aver esaminato attentamente le immagini, il giorno stesso ho inviato il mio responso:

Caro David,

non era affatto un compito difficile, a quanto pare!

L’iscrizione in greco che si legge nella parte superiore della foto n. 0.556 è questa: ΛΛΥΠΕΧΛΙΡΕΛΒΓΛΡΟΚΛΙΕΙΣΙΩΝ, seguito da ΛΛΥΠΕ con scrittura speculare.

Il testo corrisponde a ΛΛΥΠΕ ΧΛΙΡΕ ΛΒΓΛΡ Ο ΚΛΙ ΕΙΣΙΩΝ, cioè ἄλυπε χαῖρε, Ἀβγαρ ὁ καὶ Εἰσίων, seguito ancora una volta dalla parola ἄλυπε, riprodotta al contrario.

Per quanto riguarda il testo che si legge nella parte inferiore della foto n. 0.532, si tratta di una riproduzione parziale della stessa scritta: ΛΥΠΕΧΛΙΡΕΛΒΓ, cioè [ἄ] λυπε χαῖρε, Ἀβγ …

Il testo è stato inciso da qualcuno che non conosceva bene il greco, dato che non distingue tra le lettere lambda e alfa: entrambe sono rappresentate, in ciascuna delle scritte, col segno Λ.

Il significato letterale è questo: «senz’affanni, salute! Abgar, detto Eision». La frase, messa così, non ha molto senso.

Questo testo, tuttavia, corrisponde esattamente alla linea 2 di un’iscrizione bilingue greco/aramaica pubblicata da J.T. Milik, «Siria» 35 (1958), pp. 243-246 (SEG 20, 494), che si può leggere anche in  P.-L. Gatier, Inscriptions grecques et latines de Syrie XXI: Inscriptions de la Jordanie, 2, Region centrale, Paris 1986, n. 118.

Eccone il testo integrale:

1 Σελαμαν χρηστὲ καὶ
2 ἄλυπε χαῖρε, Ἀβγαρ ὁ καὶ Εἰσίων
3 Μονοαθου υἱὸς υἱῷ τειμίῳ τὸ μνῆμα
4 ἐποίησεν ἔτους τρίτου ἐπαρχείας

«Per Selaman, onesto e senz’affanni, salute! Abgar, detto Eision, figlio di Monoathos, ha edificato questa tomba per il suo eccellente figlio (Selaman), nel terzo anno della Provincia».

Si tratta di una lapide in pietra, rinvenuta a Madaba, in Giordania, e databile con precisione all’anno 108/9. Attualmente è esposta presso il Museo Archeologico di Amman.

L’iscrizione sulla tua tavoletta, con ogni evidenza, è un estratto da un testo più lungo, che qualcuno ha ricopiato con scarsa perizia.

Il testo in questione è quello di una banalissima lastra tombale, proveniente da Madaba, e visibile al Museo di Amman da almeno una cinquantina d’anni. Una piccola porzione di questo testo è stata riprodotta sul codice per tre volte, apparentemente senza un perché.

L’unica spiegazione plausibile è che qualcuno l’abbia copiata direttamente dall’iscrizione del Museo: qualcuno che o non era in grado di capirne il significato, o era semplicemente alla ricerca di una sequenza di lettere da riprodurre a caso.

Ad ogni modo, questo qualcuno l’ha ricopiata talmente male (e per ben tre volte) da confondere sistematicamente le lettere alfa e lambda.

Direi che si tratta di un falso moderno, verosimilmente prodotto in Giordania, nell’arco degli ultimi cinquant’anni. Mi gioco la carriera ch’è così.

Molto cordialmente,

Peter Thonemann

Beh, non si può dire che non l’abbia avvertito…

Non sono in grado, al momento, di controllare l’articolo di Milik a cui si fa riferimento, ma la conclusione è chiara: almeno uno dei codici scoperti da David Elkington (un codice di rame) è un falso.

Sembra molto improbabile, pertanto, che tra gli altri ve ne sia qualcuno di autentico.

(Fonte: Jim Davila, Paleojudaica, 1 aprile 2011)

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APPENDICE

Tutti i post di “Paleojudaica” sulla faccenda:

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AGGIORNAMENTO DEL 5 APRILE

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