Il termine “cristiano”

di Antonio Ferrua

Il testo è tratto dalla voce «Cristiano», in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano 1948-1954, vol. IV, coll. 909-910.

Raccontano gli Atti degli apostoli (11,26): «Ed accadde loro (Paolo e Barnaba)… che dapprima in Antiochia i fedeli ricevettero il nome di cristiani». Questo modo di esprimersi fa intendere che questo nome non lo assunsero da sé i credenti, ma fu loro dato da altri. Difatti in tutto il Nuovo Testamento essi si chiamano fra loro con altri nomi («fedeli», «eletti», «santi», etc.) ma non mai con questo; anche nelle fonti giudaiche esso non compare mai (li dicono «galilei », «nazareni», «minin», etc.); resta dunque che furono i pagani a chiamarli in tal modo, e l’ignoranza del pagano si rivela anche nell’aver scelto a base della qualifica non un nome proprio, ma un aggettivo indeterminato. Significando Cristo «unto» o «messia», cristiano era il credente in un Cristo qualsiasi (e molti ce ne furono) e non propriamente in Gesù.

L’autore degli Atti pone l’origine del nome in Antiochia, attorno all’anno 43, e certo Luca come antiocheno lui stesso poteva essere stato testimone del fatto. La critica razionalista crede che la frase di Luca non significhi storicamente altro che il differenziarsi in quel tempo ed in quel luogo di una comunità cristiana dalla ebraica, e non punto l’apparire di un nuovo nome. Per loro i seguaci di Gesù dovevano ancora essere chiamati universalmente con altri nomi («nazorei», «galilei», «poveri»); il nome «cristiano» comparirebbe solo con 1Pt 4,16, oltre un cinquant’anni dopo.

Ma questa asserzione che i fedeli solo verso il 100 cominciassero ad essere distinti dagli Ebrei in bocca ai pagani, e quindi solo allora potessero ricevere da essi un nome proprio, è antistorica, perché Tacito riferisce già il nome «cristiano» come corrente a Roma nel 64; si ha nella predica di Pietro e nella Didaché, e Plinio e s. Ignazio lo danno per comune in Antiochia e in Bitinia al principio del secolo II, per tacere del famoso graffito di Pompei, ove è pur difficile non vedere il nome in questione. E poi non è vero che esistessero per tutto il sec. I quelle denominazioni generali dei fedeli, e tanto meno che la 1Pt sia stata scritta così tardi; del resto in essa il nome «cristiano» appare come già corrente fino nell’Asia Minore. Piuttosto sembrerebbe far contro l’origine antiochena la desinenza –anus prettamente latina, onde alcuni supposero che il nome sia nato a Roma o almeno sia stato dato in Antiochia ai fedeli dalle stesse autorità romane. Ciò non è necessario, perché l’uso di quella desinenza si era con i Romani sparso molto nell’Oriente, e come vi erano correnti i nomi di «asiani», «erodiani», «pompeiani», «cesariani» etc., così, per analogia, anche degli indigeni che parlassero greco poterono bene creare la forma «cristiani».

Il suo significato era dunque seguaci di Cristo o propagandisti di messianismo e fin dall’inizio aveva un senso dispregiativo. Il senso spregiativo sembra trasparire da At 11,26; 26,28 e 1Pt 4,16, ed è spesso deplorato dagli apologisti, e non doveva solo provenire dalla cattiva stima che si aveva dei fedeli, ma anche dalla natura stessa del nome, per motivo ora difficilmente afferrabile.

Forse si vedeva dal volgo in fondo al nome christianós; l’aggettivo chrēstós, che con il senso di «buono» aveva anche quello di «sempliciotto»; ed è un fatto che a Roma almeno i seguaci di Gesù erano fin dal 64 detti dal volgo Crestiani (Tacito, Annales XV, 44): «quos per flagitia invisos vulgus Chrestianos appellabat»; cf. anche 1’«impulsore Chresto» di Svetonio (Claudius, 25), in cui molti vedono trasfigurato il nome di Cristo, e «cretino» che è un derivato romanzo di «christianus»). Anzi alcuni asseriscono persino che la forma primitiva del nome dovette essere Crestianus, appellandosi anche al fatto che nei tre passi citati del Nuovo Testamento dovette essere scritto originariamente non christianói, ma chrēstianói, come si trova spesso anche nelle più antiche iscrizioni cristiane. Ma questo è un fenomeno comunissimo di scambio di due suoni identici (η = i, itacismo già allora comune), e nulla prova che per tre secoli non si sapesse dai pagani quale fosse il vero nome di Cristo ed i cristiani stessi ignorassero di essere stati così chiamati da un Christós e non da un Chrêstos.

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APPENDICE di Erik Peterson

S. Ignazio d’Antiochia usa 5 volte il titolo christianós, da cui si era formato il nome christianismós; (3 volte); il Martyrium Polycarpi (ca. 160) ha 3 volte christianós, 1 volta christianismós. Gli apologisti danno di christianós spiegazioni apologetiche (quasi fosse chrēstianós; «benefico», da chrēstós). Dalla interpretazione apologetica del nome «cristiano» i marcioniti traevano una spiegazione tendenziosa del nome: si definivano «chrestiani», quali aderenti del dio buono (chrēstós), in contrasto con gli ortodossi che si chiamavano in Siria nazorei e si dimostravano aderenti ad un messianismo giudaico, connesso con una località d’Israele (Nazareth); la grande iscrizione persiana di Kartir distingue nazorei e cristiani, qualificando con quest’ultimo nome i Marcioniti.

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Questa voce fa parte del Progetto Enciclopedia Cattolica.

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